1940
Rivarossi nasce nel 1945 grazie ad Alessandro Rossi, un giovane ingegnere con una forte vocazione imprenditoriale.
Conosce Antonio Riva, cofondatore della Rivarossi, nel 1943 quando entra come socio in un’azienda che produce componenti per l’aviazione.
Dopo un periodo di transizione, iniziò una nuova produzione, tra cui un ”Meccano” e il primo modello di treno elettrico, l’automotrice FNM E2002.
Rivarossi è stata la prima azienda al mondo a utilizzare la plastica, anziché il metallo, nella realizzazione delle “miniature ferroviarie”. La plastica permetteva di ottenere modelli più dettagliati, raffinati ed economici.
Rossi puntò subito alla creazione di riproduzioni di treni giocattolo reali e non generici.
Nel 1946 viene pubblicato il primo catalogo, con E2002, e l’azienda partecipa alla prima Fiera di Milano. Nel 1947 il nuovo stabilimento di Sagnino, costruito appositamente per la produzione, è pronto per iniziare i lavori e nel catalogo compare una locomotiva americana, la Dockside 0-4-0. Questo prodotto amplia il mercato Rivarossi all’estero. Nel 1948 erano già disponibili quattro locomotive, diversi carri e carrozze e fu presentato un nuovo sistema a corrente continua su due binari.
©Rivarossi Memory – Giorgio Giuliani
1950
Gli anni ’50 rappresentano per Rivarossi l’inizio del successo dell’azienda. Nel 1950, infatti, Rivarossi partecipò alla prima fiera di Norimberga, la più importante fiera del giocattolo al mondo. L’intenzione di Alessandro Rossi era quella di guardare oltre i confini nazionali e di estendere il proprio campo d’azione anche all’estero. Tuttavia, in quei primi anni, solo i produttori tedeschi potevano partecipare alla fiera. Per superare l’ostacolo Rivarossi espose in un albergo, organizzando con alcuni minibus un servizio di navetta dalla fiera all’hotel. Questo fece di Rossi una persona estremamente intraprendente e determinata agli occhi di tutti.
Nel catalogo le proposte aumentarono e Rivarossi diventò importatore per l’Italia di importanti marchi tedeschi come Faller, Vollmer e Preiser.
Verso la metà del decennio iniziarono a produrre modelli in polistirolo, un materiale termoplastico che permetteva una grande libertà di dettaglio. Venne prodotta la Gr.835, importante perché è il primo modello che riproduce una vera locomotiva a vapore italiana, perfettamente conosciuta dagli appassionati.
Nello stesso periodo iniziò la pubblicazione della rivista aziendale “H0 Rivarossi”.
L’espansione di Rivarossi fu testimoniata anche dallo stabilimento di Sagnino, che dal 1955 al 1961 fu in continuo sviluppo.
L’eccellenza Rivarossi fu un successo anche oltreoceano, infatti nel 1957 la Lionel, storica azienda statunitense, volle entrare nel mercato delle H0. Lo fece utilizzando i modelli Rivarossi già in commercio, prodotti a Como, avviando una produzione ad hoc con lo slogan ”And now H0 by Lionel”.
©Rivarossi Memory – Giorgio Giuliani
1960
Negli anni Sessanta, Rivarossi iniziò a espandersi nel mercato americano. Cambiò l’importatore, la AHM di Bernie Paul subentrò alla Aristo-Craft dei fratelli Polk e questo portò Rivarossi a esportare circa l’80% della produzione negli Stati Uniti.
Ciò permise di stringere accordi commerciali con altre aziende per incrementare i prodotti. Nel 1960, infatti, furono presentati alcuni nuovi carri e le prime vere carrozze americane, prodotte tranquillamente dalla statunitense Athearn, che rimasero in catalogo per pochi anni e furono sostituite da nuove carrozze statunitensi la cui progettazione e produzione avveniva a Como.
Nel 1961 fu stipulato un accordo commerciale con Trix per la produzione di alcuni rotabili prodotti dall’azienda tedesca. Questi vennero inseriti nel catalogo Rivarossi e viceversa.
Due anni dopo Rivarossi acquistò il 50% delle quote di mercato della Pocher, azienda torinese fondata nel 1952. Nello stesso anno l’azienda registrò per la prima volta una perdita dalla sua nascita. Probabilmente ciò fu dovuto a una saturazione del mercato e all’affermazione sempre più progressiva di Lima e del trenino a basso costo.
Pur dovendo affrontare una situazione di crisi, Rivarossi non si arrese e continuò con una produzione innovativa.
Nel 1964 fu presentata la Mallet Y6b: una grande locomotiva americana articolata, con due carrelli motore. Si trattava di un’enorme innovazione perché, grazie a un ingegnoso brevetto, questo modello estremamente complesso era in grado di funzionare anche sui circuiti domestici.
Tre anni dopo fu prodotta la prima locomotiva europea, la francese Chapelon. Seguì il Big Boy, la più grande locomotiva mai costruita, che Rivarossi riuscì a produrre grazie al brevetto della Mallet Y6b.
Verso la fine del decennio iniziò la produzione in scala N, 1:160, e uscirono i primi modelli nella classica scala 0.
©Rivarossi Memory – Giorgio Giuliani
1970
Gli anni ’70 rappresentarono per Rivarossi una significativa fase di crisi. Purtroppo, nel 1972 ci fu un crollo delle vendite. Successivamente, all’inizio di ottobre del 1974 e dopo un periodo di intenso lavoro, un furioso incendio distrusse alcuni reperti storici dello stabilimento di Sagnino.
La produzione riprese dopo pochi mesi e, nonostante il periodo difficile, continuò a produrre modelli eccellenti. Ne sono un esempio la locomotiva elettrica E 428 FS terza serie, la Hudson NYC, la E 444 FS ”Tartaruga” seconda serie, la Royal Scot inglese e, non ultime, le carrozze della International Sleeping-Car Company. Purtroppo, a partire dalla seconda metà degli anni ’70, continuò la difficile situazione economica, caratterizzata da una costante diminuzione delle vendite, dovuta sia all’elevato prezzo dei prodotti Rivarossi sia al loro essere “fuori scala”, in quanto i modelli erano realizzati in scala 1:80 anziché nella corretta 1:87 della H0.
In quegli anni, comunque, le vendite negli Stati Uniti furono molto elevate, raggiungendo anche punte del 95% della produzione totale. Ma i rapporti con AHM erano troppo vincolanti e il mercato americano richiedeva costantemente prezzi bassi. Quindi, anche a fronte di grandi quantità di produzione, i guadagni erano comunque scarsi. L’azienda non era quindi in grado di tenere il passo.
Tuttavia, Rossi, un uomo d’affari all’antica, non volle licenziare i suoi dipendenti anche se i magazzini erano sempre pieni e le casse sempre vuote.
©Rivarossi Memory – Giorgio Giuliani
1980
Dopo i problemi degli anni Settanta, gli anni Ottanta rappresentano l’inizio di una crisi: la costante mancanza di liquidità e i bassi introiti dell’azienda impedirono nuovi investimenti e innovazioni.
La produzione era quasi interamente indirizzata verso l’America e, quando la AHM fallì, anche il fronte americano si fermò. Questo sancì il colpo di grazia per Rivarossi.
Il 31 marzo 1981 Alessandro Rossi presentò un ricorso al Tribunale di Como per chiedere l’ammissione dell’azienda alla procedura di “Amministrazione Controllata”.
Per i dipendenti fu una doccia fredda: i conti bancari vennero congelati, gran parte del personale venne licenziato e rimasero in servizio solo i dipendenti indispensabili per le vendite, i ricambi e i servizi commerciali.
Pur trovandosi di fronte a un forte momento di crisi, Rivarossi riuscì, nei mesi successivi, a migliorare la propria situazione. Questo grazie alla forte dedizione dei dipendenti e alla disponibilità di molti rivenditori.
Nel 1983 Alessandro Rossi chiese l’ammissione dell’azienda alla procedura di “concordato preventivo” e il Commissario Giudiziale diede parere favorevole.
La cassa integrazione fu chiusa e alcuni dipendenti furono reintegrati. Purtroppo, si verificò una drastica riduzione del numero di dipendenti: da 210 nel 1981 a 80 nel marzo 1984.
Nell’ottobre 1984 il fondatore si ritirò da tutte le cariche sociali e uscì dalla società.
Con la nuova gestione, si cercò di rispondere alle richieste del mercato costruendo la prima locomotiva italiana in scala H0 esatta: la E 321 FS. Tuttavia, ritennero che il mercato dei treni non fosse redditizio e si concentrarono sulla produzione di Pocher. L’azienda torinese, acquisita negli anni ’60, produceva scatole di montaggio in scala 1:8 per vetture storiche, molto dettagliate (fino a 2.200 pezzi da assemblare), di lusso e con carrozzerie in plastica. Insieme a Rivarossi Nuova Gestione, hanno voluto puntare su un modello innovativo: un’auto moderna, in metallo e più facile da assemblare. Fu scelta la Ferrari Testarossa, la vettura sportiva del momento, e il piano di progetto fu ideato e gestito dall’ufficio tecnico Rivarossi. La prevendita fu eccezionale, grazie al prezzo contenuto, ma la produzione si estese e si frammentò tra vari costruttori. A causa di ciò la produzione subì diversi ritardi e questo diede inizio a una seconda crisi.
©Rivarossi Memory – Giorgio Giuliani
1990
Negli anni Novanta la Penteco S.p.A. di Sergio Erede entra in Rivarossi come azionista di maggioranza e l’organico viene ulteriormente ridotto a cinquanta unità. Si riorganizza la produzione, si limita il numero di artigiani esterni e si risolvono i problemi della Pocher. Nonostante il settore del modellismo ferroviario fosse in crisi, Rivarossi riuscì a riconquistare una certa tranquillità. Infatti, riuscì ad acquistare importanti aziende concorrenti, tra cui la Lima di Vicenza.
Nel 1992 la Lima, che nei primi anni Novanta era più tecnologica dell’azienda comasca ma in crisi, fu acquistata da Rivarossi per 10 miliardi di lire in amministrazione controllata al 100%.
Nel 1995 l’unione di queste due aziende registrò un fatturato di 30,7 miliardi di lire con un bilancio attivo. La stampa nazionale fu molto felice di questo salvataggio.
L’entusiasmo nell’affrontare questa fortunata unione spinse Rivarossi e Penteco a creare la “Holding del Trenino”, puntando a nuove acquisizioni.
Nel 1995 Rivarossi acquisì il 100% di Arnold, leader mondiale della scala N. L’anno successivo fu la volta dell’azienda francese Jouef, in amministrazione controllata.
Nasce così un gruppo di 320 dipendenti, che nel 1996 diventa il secondo gruppo europeo per fatturato.
Gli anni Novanta si concludono con la presentazione di diversi nuovi prodotti, come il sistema digitale Rivarossi-Arnold, la grande locomotiva articolata americana Allegheny e la locomotiva francese 141.
©Rivarossi Memory – Giorgio Giuliani
Alla fine del 2000 lo storico stabilimento di Sagnino fu chiuso. Si concludeva così la collaborazione tra Rivarossi e Como, durata 55 anni.
Vengono chiusi anche lo stabilimento Arnold di Mühlhausen e lo stabilimento Jouef di Champagnole e la produzione viene trasferita interamente nello stabilimento Lima di Isola Vicentina.
Nel 2001, grazie a un lavoro di ingegneria finanziaria, è stata creata la nuova società: Lima S.p.A. che diventa proprietaria degli asset dei quattro marchi originari e si stabilisce a Brescia.
Rivarossi, Arnold, Jouef e Lima diventano così parte di un unico gruppo.
Nel 2003 fu chiesta la liquidazione volontaria e l’anno successivo fu chiuso anche lo stabilimento di Isola Vicentina.
©Rivarossi Memory – Giorgio Giuliani
2000/2010
Il 2000 rappresentò una svolta: il gruppo inglese Hornby Hobbies acquisì la Lima SpA, quindi anche la Rivarossi. Viene mantenuto parte del personale della precedente gestione e, nel 2005, nella sede di Brescia, inizia questo stretto rapporto con l’Inghilterra per ricostruire il mercato del modellismo ferroviario. Nello stesso anno, dopo un primo momento di incertezza, in cui l’azienda cerca di capire come muoversi, Rivarossi vuole raggiungere il mercato con un prodotto di grande interesse. Rivarossi lancia sul mercato una nuova locomotiva, una FS 402A.
Poi, nel 2008, uscì un’altra locomotiva FS: una 646 in livrea marrone. Finalmente arrivò il successo. In questo progetto, interamente gestito dall’Italia, c’è stato un mix di competenze interne ed esterne all’azienda, ovvero quelle degli appassionati.
Qualche anno dopo, nel 2014, grazie alle competenze presenti in Italia, nacque Lima Expert: un marchio esclusivamente italiano che sapeva coniugare la qualità del prodotto con un prezzo competitivo. Lima Expert ha rappresentato una vera e propria ripresa aziendale e grazie a due prodotti in particolare, l’ETR 610 e l’E 636, il 2015 è stato un anno molto positivo per la reputazione del gruppo.
Nel 2016 fu attuata una riorganizzazione aziendale e ci fu un grande cambiamento: la gestione e la distribuzione non avvenivano più in modo indipendente per ogni singolo Paese europeo, ma si decise di trasferire il lavoro interamente in Inghilterra. Anche i magazzini sono stati chiusi e spostati in Gran Bretagna. Per ogni singolo Paese europeo, Italia, Spagna, Germania e Francia, rimasero due persone rappresentative.
Alla fine del 2017, con l’evoluzione della situazione aziendale, le cose cambiarono ulteriormente. Grazie a un nuovo management che ha creduto nelle potenzialità europee, dal 2018 è stata reintrodotta la figura di Giambattista Fossati, Direttore Generale con delega all’Europa. Si iniziò a valutare l’idea di combattere la crisi incrementando l’organico con figure nuove e innovative per tornare a essere un’azienda competitiva sul mercato. Il triennio 2015-2018 è stato una vera e propria rinascita in cui il nome Rivarossi è stato mantenuto più vivo che mai.
Dal 2018 sono stati fatti enormi passi avanti e con fiducia si è iniziato a introdurre nuove figure professionali all’interno dello staff, puntando sulla comunicazione e sulla gestione del cliente, concetti alla base di Rivarossi.
Il management ha capito che l’unico modo per dimostrare la propria forza era quello di saperla comunicare al meglio e di essere presenti nella vita del cliente non solo con un prodotto di qualità ma anche nel pre e post vendita.
Gli ultimi due anni di questo decennio hanno saputo rispondere all’esigenza di ristrutturazione di cui l’azienda aveva bisogno.
2020
Questo periodo ha rappresentato per la nostra azienda diverse sfide, tra cui il Covid-19, che ha cambiato il nostro modo di vedere le cose, e la Brexit, che ha ridistribuito le carte in tavola.
Non è stato facile dover affrontare nuove sfide, ma grazie ad una squadra forte e strutturata, l’amore per i treni, e fan appassionati siamo tornati a dedicarci a ciò che ci piace di più: produrre modelli in scala che possano essere in grado di accontentare tutti.